
Genitori e figli nell’era dei social network
Ovvero come mantenere o riprendere un sano ruolo educativo anche se di tecnologia ne sappiamo poco o nulla.
Quanto tempo è sano che lasci mio figlio davanti allo schermo? Qual è l’età giusta per regalargli uno smartphone? Come posso proteggere la sua navigazione? Quali sono i personaggi, le storie che ama di più e perché? Sono in molti i genitori che si pongono oggi domande come queste. Spesso però le risposte che tutti noi ci diamo a questi interrogativi non nascono da una nostra convinzione. Più facilmente ci si adegua a quel che fan tutti: sembra quasi che con l’irrompere sulla scena dei nuovi strumenti della comunicazione, e in particolare dello smartphone, vengano meno le regole consolidate che valgono all’interno di ogni famiglia e si entri in una sorta di “Terra di nessuno” dove tutto va rimesso in discussione.
Ma non è così. L’uso dello smartphone s’inserisce in un contesto di rapporti, consuetudini e – certo – anche di regole. E solo in questo modo d’altra parte si può pensare di favorirne un uso consapevole e corretto. Sta ai genitori tenere le redini della situazione. E per riuscire a farlo occorre prima di tutto sfatare un mito legato inscindibilmente all’uso e alla diffusione delle tecnologie: quello dei cosiddetti “Nativi digitali”, ovvero tutti i ragazzi nati all’incirca dopo il 1995, in un’epoca in cui pc e Internet erano già diffusi, e che dunque avrebbero una familiarità innata con questi strumenti. Il paragone è quello con una lingua straniera. Un madrelingua la parla perfettamente, chi invece la deve imparare a scuola non arriverà mai al suo livello. Così, secondo il giornalista e consulente americano Marc Prensky, che ha coniato la definizione (nel 2001), noi adulti saremmo “immigrati digitali”, cui sarebbe preclusa la lingua dei nativi. Ma le cose non stanno proprio così. E basta allargare un po’ il campo per rendersene conto: non appena ci spostiamo da un uso superficiale immediato di questi strumenti a uno un po’ più complesso, come una ricerca che richieda l’uso di più servizi, o la valutazione dell’affidabilità di un’informazione, il quadro cambia radicalmente. La presunta competenza in molti casi svanisce. Certo anche noi adulti abbiamo non poche difficoltà quando si parla di uso critico della tecnologia. Ma questo significa che abbiamo di fronte le stesse sfide, e che possiamo in parte affrontarle insieme.
Approfondimento utile
A proposito di Nativi Digitali
Link a Profduepuntozero.it
Cerchiamo di capire quali sono gli eroi, le storie, i giochi che parlano direttamente al cuore e alla mente degli adolescenti
Sessioni di videogioco che possono durare anche ore, tutorial su ogni genere di argomento, dalla pasta slime a qualsiasi strumento musicale, serie tv, videoclip, gag e brevi spezzoni divertenti che in un attimo fanno il giro della Rete. Accanto a questo un mucchio di contenuti stupidi o esplicitamente violenti che sarebbe decisamente meglio evitare.
La galassia delle storie e degli eroi che appassionano gli adolescenti è sterminata. Del resto il Web è il regno delle nicchie, dei fenomeni che interessano un pubblico contenuto ma estremamente motivato. E’ vero che ci sono le Webstar (e quelle le dobbiamo conoscere assolutamente, per fare qualche nome Chiara Ferragni, Favij, Iris Ferrari, Luciano Spinelli, Leonardo De Carli, ne avete sentito almeno parlare?) ma esistono poi una miriade di altri personaggi che magari hanno la stessa passione dei nostri figli e possono aiutarli a coltivarla.
Il tempo sullo schermo non è tutto uguale. E’ ben diverso scorrere passivamente i post su Instagram, sentendo magari crescere dentro di sé un senso di sottile inadeguatezza e depressione, oppure migliorarsi seguendo un tutorial, o ancora meglio – ma a farlo sono davvero in pochi – dare un contributo creando qualcosa di nostro, che sia una voce di Wikipedia o un video in cui spieghiamo noi qualcosa che ci sta a cuore e la condividiamo con altri. Per riuscire però a cogliere queste differenze e quindi ad aiutare anche i nostri figli a farlo, occorre avere qualche nozione in più su cosa c’è oltre lo schermo. Con curiosità e atteggiamento positivo. In queste pagine troverete indicazioni, recensioni e suggerimenti di contenuti interessanti da cercare, noi e i nostri figli o i ragazzi di cui ci prendiamo cura a vario titolo in qualche contesto educativo. Negli Stati Uniti c’è già chi lo fa. E qui trovate una risorsa molto utile. Lo scambio di esperienze è fondamentale per restare aggiornati e trovare ciò che davvero può essere interessante e creativo online.
Del resto ricordiamoci che “per educare un bambino ci vuole un villaggio”.
Troviamo insieme il nostro stile famigliare per usare le tecnologie: padroneggiare i rischi e sfruttare le (moltissime) opportunità di divertimento e condivisione
Quali domande ci dobbiamo porre quando mettiamo nelle mani di un ragazzo uno smartphone?
Prima di tutto se vogliamo chiarirci le idee su quando sia il momento migliore per farlo, il libro da leggere è questo.
Quanto alle domande. Non sono poi molto diverse da quelle che dovremmo farci noi. E fanno riferimento a tre competenze essenziali, grazie alle quali è possibile affrontare con il piglio giusto le sfide della vita online. La prima è la capacità di gestire la nostra attenzione, la seconda è l’abilità critica di valutare le informazioni, la terza è la capacità di partecipare “bene”, di instaurare buone relazioni e di trovare un giusto bilanciamento tra online e offline.
La prima volta che ho visto citare queste tre competenze è stato in un libro del 2011 dello studioso e giornalista Howard Rheingold. In inglese il titolo era “Netsmart” (una parola intraducibile che significa a grandi linee “intelligenti a misura di Rete”), nella traduzione italiana, che ho curato io, è diventato “Perché la Rete ci rende intelligenti”. Da allora ho potuto verificare come in effetti siano proprio questi gli ambiti dove si gioca il ruolo educativo di noi genitori. Curare la propria attenzione è diventato una competenza cruciale per arginare una tecnologia studiata e progettata per orientarla verso un consumo sempre più acritico e compulsivo, funzionale a logiche di mercato.
Il percorso che comincia dalla gestione dell’attenzione prosegue con l’esercizio di distinguere il vero dal falso, ma anche ciò che è significativo da ciò che invece è totalmente irrilevante, e in generale di formarsi un proprio giudizio, basato su criteri personali, per valutare ciò che si trova in Rete. Il punto finale, quello su cui si gioca in modo forse più evidente la formazione di una personalità equilibrata, è il capitolo delle relazioni. Allora forse più che d’intelligenza capiamo che qui si tratta di una “saggezza”. Che non serve di certo soltanto online.
Smartphone: 10 ragioni per non regalarlo alla prima comunione

Lo smartphone è ormai un regalo quasi scontato alla prima Comunione. Pochi però si chiedono se sia una buona idea mettere nelle mani di un bambino di 9 o 10 anni uno strumento così potente. Eppure, scegliere l’età giusta per dare a un ragazzo un cellulare è una decisione importante
CHI SONO:
Stefania Garassini

Insegno Content Management e Digital Journalism all’Università Cattolica di Milano, collaboro con il mensile Domus e con il quotidiano Avvenire e sono presidente di Aiart Milano, associazione nazionale che opera nella formazione a un uso consapevole dei media.
Smartphone: 10 ragioni per non regalarlo alla prima comunione

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CHI SONO:
Stefania Garassini

Insegno Content Management e Digital Journalism all’Università Cattolica di Milano, collaboro con il mensile Domus e con il quotidiano Avvenire e sono presidente di Aiart Milano, associazione nazionale che opera nella formazione a un uso consapevole dei media.
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